MARCO CARTA: MEME O NON MEME?
Hanno assolto in appello Marco Carta dalle accuse per il furto di sei magliette alla Rinascente di Milano. Mi unisco agli (immagino) milioni di italiani sollevati dalla notizia e mi complimento con lui per il buon esito della causa.
Purtroppo, l’intervista da lui rilasciata al Corriere della Sera con i commenti a caldo sulla sentenza mi hanno un po’ turbato, portandomi a chiedere se, già che c’erano, i tribunali non potevano cambiare alcuni capi d’imputazione e provare a sanzionarlo in maniera adeguata per “dichiarazioni disequilibrate”.
Prima di tutto ha affermato che la storia ha avuto ripercussioni sulla sua salute mentale e fisica, cosa che non stento a credere. A prescindere.
Inoltre, ha dichiarato che si è trattato di un “caso così mediatico”: e che questa sia una delle cose che più lo ha fatto soffrire nei 16 mesi di processo. A parte l’uso improprio dell’italiano, è un’ipotesi su cui invece mi permetto di dubitare fortemente, vista la smania di apparire dei cantanti.
Poi alla domanda se i commenti sui social fossero migliorati rispetto all’inizio, ha assicurato che gli haters ormai sono spariti del 90 per cento. Ma, ha anche precisato, “ho letto poco perché sto lavorando sul singolo che uscirà a breve. Mescola pop ed elettronica, spero che farà ballare e divertire la gente”. Molti sperano che questo singolo non sia un’opera (di cui ad occhio si sta facendo pubblicità dentro un “caso così mediatico”) troppo legata alle citate ripercussioni sul suo stato mentale.
Per concludere, ha deciso proditoriamente che anche lui vuole “fare dei meme” sulla sua disavventura. Ammetto che non ho ancora ben capito cosa sia davvero un “meme”, ma non so perché l’idea che ce ne sia qualcuno su questa storia, e per giunta creato dal suo protagonista, mi fa rabbrividire di paura.
Temo possa incidere sulla mia di salute, mentale e fisica.